La Storia
Il generale Bradley ci descrive così lo stupore che lo colse nell’apprendere il progetto dell’operazione Market-Garden, che a sua insaputa Montgomery aveva fatto approvare da Eisenhower: “Se il pio ed astemio Montgomery fosse entrato barcollante per i postumi di una sbornia al quartier generale dello SHAEF, non sarei stato più sbalordito di quanto non rimasi davanti alla proposta avventurosa. In contrasto con i metodi prudenti scelti normalmente, l’attacco di Arnhem doveva svolgersi su un tappeto di cento chilometri di truppe aerotrasportate. Benché non abbia mai approvato quel tentativo, riconosco che il piano per Arnhem era uno dei più originali della guerra”. Effettivamente, il “tappeto”, dal fronte da cui sarebbe mosso il 30° corpo d’armata verso gli accessi settentrionali di Arnhem, misurava 150 chilometri ed era tagliato sei volte da canali e da corsi d’acqua. Per tale operazione Eisenhower aveva messo a disposizione di Montgomery la 1^ armata aerotrasportata; organizzata il 1° settembre agli ordini del tenente generale americano Brereton, impegnò il suo 1° corpo d’armata (generale Browning) con il dispositivo seguente:
-la 101^ divisione paracadutisti americana (maggior generale Maxwell D. Taylor) avrebbe colto, di sorpresa Eindhoven e i ponti sul Dommel e sui canali Guglielmina e Guglielmo;
-la 82^ divisione paracadutisti americana (maggior generale James M. Gavin): stesso compito per quanto riguarda il ponte di Grave sulla Mosa e quelli di Nimega sul Vaal (ramo sud del Reno);
-la 1^ divisione paracadutisti britannica (maggior generale R.E. Urquhart) si sarebbe impadronita dei ponti del Leck (braccio nord del Reno) ad Arnhem, per costituire poi una testa di ponte intorno alla città, con il rinforzo della 1^ brigata aerotrasportata polacca e successivamente della 52^ divisione fanteria britannica, resa aerotrasportabile.
Attraverso quel corridoio le tre divisioni del 30° corpo d’armata (divisione corazzata delle Guardie, 43^ e 50^ divisioni fanteria) dovevano portarsi su Arnhem e, uscendo dalla testa di ponte, spingersi sullo Zuiderzee, con un nuovo balzo di circa 60 chilometri.
Tutto considerato, dobbiamo osservare che per dare i risultati attesi l’operazione Market- Garden richiedeva che, per giorni e giorni e in ogni circostanza Browning e Horrocks fossero favoriti da “ sua Maestà il caso”. Ma anche se ciò si fosse verificato non si capisce come il 30° corpo d’armata avrebbe potuto prendere da solo la strada di Berlino, dato che in quel momento mancavano ad Eisenhower le riserve strategiche e le riserve logistiche per sfruttare a fondo il successo.
Dobbiamo quindi ammettere che Montgomery credeva che soltanto un’accozzaglia di divisioni decimate, disarmate e demoralizzate lo separasse ancora dalla vittoria finale, e che per questo poteva dimenticare le norme della prudenza; o, meglio ancora, che la prudenza gli imponesse la temerarietà, altrimenti il nemico avrebbe ripreso animo e respiro. In questo si ingannava, ma questo errore di valutazione va imputato alle deficienze dei servizi di informazione del 21° gruppo di armate e dello SHAEF.
Soprattutto, era sfuggito loro che nella regione di ‘s Hertogenbosch una nuova armata tedesca (l^ armata paracadutisti), con un effettivo di sei o sette divisioni, era in via di costituzione sotto il comando del generale Kurt Student.
Nella zona di Arnhem, in verità, l’aviazione alleata aveva segnalato un netto aumento della D.C.A., ma nessuno immaginò che coprisse il raggruppamento del 2° corpo d’armata corazzato delle Waffen SS, che si ricostituiva rapidamente dopo le perdite subite nella sacca di Falaise.
Se in quel periodo di movimento il compito del servizio informazioni alleato era particolarmente arduo, è certo che gli esecutori della operazione Market-Garden passarono di sorpresa in sorpresa. Da ricordare poi l’obiezione mossa dal comandante del 12° gruppo di armate, quando venne messo al corrente dell’operazione: “Il segreto mantenuto da Montgomery circa i suoi progetti mi lasciava perplesso, perché anche se l’operazione si svolgeva solo nel suo settore, paralizzava ugualmente l’offensiva combinata, decisa qualche giorno prima”.
“Allontanatosi verso nord-est dalla via verso la quale aveva assegnato un corpo d’armata, Monty avrebbe scoperto il fianco sinistro di Hodges, e l’avrebbe esposto al contrattacco.
Per proteggere quel fianco diventava indispensabile che io prendessi una delle tre divisione corazzate di Patton, per dirigerla a nord e assegnarla a Hodges.
Non appena fui a conoscenza del piano di Monty telefonai a Ike e protestai vigorosamente perché, abbandonando quell’offensiva combinata, Monty filava per la tangente e ci lasciava soli.
Ma Ike placò le mie obbiezioni: pensava che valesse la pena di tentare il colpo, che poteva consentirci di aggirare la linea Sigfrido, e forse stabilire una testa di ponte sul Reno” Gen.Bradley.
In questa discussione gli argomenti hanno diedero ragione a Bradley.
La domenica del 17 settembre 1944 l’ora H scocco alle 14:30.
Sotto la protezione più o meno vicina di 1200 caccia, i primi elementi delle tre divisioni aerotrasportate del Generale Browning, imbarcati su 2800 aerei e 1600 alianti, si lanciarono o atterrarono sul più vicino obbiettivo, senza registrare perdite di rilievo.
Per la 101^ divisione paracadutisti, tutto si svolse come pianificato.L’82^ riuscì a raggiungere il ponte di Grave ma, riavutisi i tedeschi dalla sorpresa nel corso della serata, falli nel primo tentativo contro Nimega. Nella stessa ora il generale Student aveva davanti a se l’ordine di operazione Market- Garden, trovato a bordo di un aliante americano abbattuto.
A motivo della concentrazione antiaerea segnalata intorno ad Arnhem, era stato deciso che il primo scaglione della 1^ divisione paracadutisti britannica sarebbe atterrato in una landa a 12 chilometri dai ponti del Leck. Dal comando del gruppo di armate « B » in Oosterbeek, il maresciallo Model assistette al lancio dei paracadutisti e poco mancò non venisse preso insieme con il suo stato maggiore. Saltando su un’automobile, diede l’allarme al generale Bittrich, comandante del 2° corpo d’armata corazzato delle Waffen SS, e lo lanciò al contrattacco, con la 9^ divisione corazzata Hohenstaujen attraverso Arnhem e con la 10^ Frundsberg dalla riva sinistra del Leck. In questa gara di velocità gli inglesi non ebbero la meglio, anche perché i loro collegamenti radio non funzionarono. Di fronte a ciò il valoroso Urquhart si portò personalmente in avanti, e qualche minuto dopo perse la possibilità di coordinare l’azione della sua grande unità. Verso le 20 il battaglione del tenente colonnello Frost, arrivò di fronte al cavalcavia di Arnhem, ma era quasi accerchiato.
Appoggiato a sinistra dal 12° corpo d’armata e a destra dall’ 8° (tenente generale Evelyn H. Barker) il 30° corpo d’armata fece una buona partenza. Magnificamente sostenuto dall’83° gruppo della Tactical Air Force agli ordini dell’ Air Marshal Broadhurst, raggiunse Valkenswaard al tramonto. Ventiquattro ore dopo la sua divisione corazzata delle Guardie si trovava a Son, il cui ponte sul canale fu riaperto al traffico il 19 all’alba. Fu cosi ristabilito il contatto con la 101^ divisione paracadutisti, e si realizzo anche con la 82^ che aveva ripreso senza molto successo l’attacco di Nimega.
Ma ormai il tempo si era fatto piovoso, l’operazione Market-Garden non godette che di un giorno sereno su dieci. Ne derivarono ritardi nel rinforzo delle divisioni aerotrasportate e una forte diminuzione nel lancio dei rifornimenti al suolo. D’altro canto, nella sua avanzata il 30° corpo d’armata disponeva di un solo asse stradale per i suoi 23 000 veicoli. Nella giornata del 19, Horrocks fece ugualmente avanzare i suoi mezzi corazzati da Son su Nimega (55 chilometri), ma soltanto alla sera del 20, inglesi e americani, combattendo a fianco a i fianco, riuscirono a passare il Vaal e ad impadronirsi del ponte di ferro e del cavalcavia la cui distruzione era stata proibita da Model, ai fini di un eventuale contrattacco.
Nel ricevere gli ordini da Montgomery, Browning aveva chiesto: “Per quanto tempo si dovrà tenere il ponte di Arnhem?” – “Due giorni”, rispose vivamente Monty, “dopo avrete finito”. “Possiamo tenerlo per quattro giorni”, osservò Browning. “Ritengo però che rischiamo di avanzare da un ponte troppo lontano”
L ‘operazione era già al suo quinto giorno, e nella notte dal 19 al 20 settembre il generale Urquhart si rassegno ad abbandonare Frost al suo triste destino ed a rinchiudersi, con le spalle al Leck, nel quartiere di Oosterbeek.
Poiché il cattivo tempo persisteva, il rifornimento aereo si riduceva a ben poco. Il 21 sera il tenente colonnello Frost, gravemente ferito, con il suo battaglione ridotto ad un centinaio di uomini, fu preso dai tedeschi. Il 21 e il 22 settembre la 1^ brigata aerotrasportata polacca (generale Sosabowski) atterrò quasi di fronte ad Oosterbeek, mentre le Guardie (maggior generale Allan Adair) e la 43^ divisione fanteria (maggior generale Ivor Thomas) erano attaccate sul fianco dalla 10a divisione corazzata SS Frundsberg, nel tentativo di superare i 17 chilometri che separavano il Vaal dal Leck. Inoltre la punta che il 30° corpo d’armata era riuscito a far penetrare nel dispositivo tedesco rischio di essere tagliata da un momento, all’altro da un contrattacco da est o da ovest.
In tali condizioni gli eroici sopravvissuti della 1^ divisione paracadutisti britannica ricevettero l’ordine di passare sulla riva sinistra del Leck. Lo fecero in numero di 2163, nella notte dal 25 al 26 settembre, su un totale di 8905 ufficiali, sottufficiali e soldati e di 1100 piloti di alianti, che per dieci giorni resistettero agli attacchi della 2^ divisione corazzata SS.
I polacchi perdettero un migliaio di uomini, le 82^ e 101^ divisioni paracadutisti americane, rispettivamente 1669 e 2074 morti, feriti e dispersi. Dal 17 al 30 settembre furono impegnati tra Eindhoven e Arnhem 34 876 uomini delle truppe aerotrasportate: le loro perdite furono dell’ordine di un terzo.
In una lettera del 28 settembre il maresciallo Montgomery espresse al generale di divisione Urquhart l’ammirazione che gli ispirava il comportamento della sua divisione: “Pochi episodi sono più gloriosi dell’epopea di Arnhem, e quelli che verranno dopo di noi avranno difficoltà ad uguagliarvi. Finché nelle armate dell’impero britannico esisteranno ufficiali e soldati capaci di fare quello che avete fatto, potremo guardare l’avvenire con fiducia. Negli anni futuri sarà un grande onore per un uomo poter dire: Ho combattuto ad Arnhem”.
Come il DC2 , il DC3 era un aero monoplano a sbalzo, bimotore a struttura metallica e carrello triciclo retrattile. Nonostante non utilizzasse nessun innovazione tecnologica per l’epoca il progetto di A.E. Raymond e E.F. Burton risulto essere semplicemente perfetto e funzionale. L’ala era del tipo “cellulare multicentine” su un longherone principale e due secondari ed era realizzata in cinque pezzi:
Il tronco centrale a pianta rettangolare che arrivava alle gondole motore e comprendente i pozzetti dei carrelli. Le due semiali rastremate in corda e spessore dotate, a differenza del tronco centrale, di un notevole diedro. I due terminali staccabili a pianta ellittica. Gli ipersostentatori a spacco occupavano tutta la lunghezza del bordo d’uscita fino ai terminali ed erano azionati idraulicamente.
Gli alettoni erano ricoperti in tela e avevano alette di correzione, una, quella di sinistra , regolabile a terra e la destra regolabile in volo.
La fusoliera era del tipo ovoidale realizzata su ordinate a cui erano collegati i pannelli del fasciame. Gli impennaggi, a sbalzo, avevano struttura simile a quella alare per i piani fissi e struttura in lega leggera e rivestimento in tela per quelli mobili. Il carrello era sviluppato su due elementi principali e ammortizzati oleopneumaticamente con freni sulle ruote ed era retrattile in avanti da un comando idraulico all’ interno delle gondole motore.
A rientro effettuata i pneumatici sporgevano per un buon 40% dal loro alloggiamento. Il ruotino di coda, non retrattile era direzionale.
I motori nella versione militare erano i Pratt & Whitney R-1830 “Twin Wasp” a 14 cilindri con compressore. Erano in grado di erogare 1217 cavalli Al decollo e 1066 a 2200 mt, e azionavano eliche tripala metalliche a giri costanti del tipo Hamilton Standard a velocità costante. Il carburante, 3100 litri circa , era disposto in due serbatoi principali disposti nella parte anteriore del longherone principale e in due ausiliari nella parte posteriore. Ogni motore era alimentato da un suo circuito ma grazie al sistema incrociato in caso di emergenza era possibile pompare carburante da quello dell’altro. L’equipaggio era composto da tre persone, pilota, co-pilota e operatore radio o marconista. La strumentazione, per l’epoca era assai completa, comprendeva infatti anche la radiobussola e ricevitori per marker beacons e radiosentiero di planata. Il vano di carico, separato dalla cabina dal compartimento radio era dotato di binario al cielo per l’aggancio delle corde dei paracadute, sui lati della fusoliera erano disposte due file di sedili in tela per i 28 paracadutisti che potevano prendere posto all’ interno. Il DC3 poteva trasportare altrimenti due camionette o circa 2750 kg di materiale o nella versione avioambulanza diciotto barelle con tre assistenti sanitari.
L’aereo era dotato di un circuito d’ossigeno per l’equipaggio e i passeggeri e di un sistema antighiaccio pneumatico sul bordo d’entrata delle ali e nei piani di coda e di un sistema ad alcool per il parabrezza.
L’impiego bellico
La carriera militare dei bimotori Douglas iniziò nei cieli di Spagna: durante la guerra civile quattro DC-2 operarono nelle file repubblicane, non solo come trasporti ma anche come bombardieri di fortuna; uno fu catturato e usato dai nazionalisti.
Analogo impiego ebbe il 115° DC-2 costruito, dimesso dalla KLM e acquistato dal Conte Karl Gustav von Rosen: lo svedese lo offrì alla Finlandia del gennaio 1940 e lo pilotò nell’ unica missione bellica che l’aereo effettuo contro i Russi durante la guerra d’inverno. Fu attrezzato per il lancio di 24 bombe da 12 Kg e armato con una 7,62 in posizione dorsale.
Tornato alla base con un motore danneggiato non fu più usato per il resto della guerra e ricominciò a volare con aereo/trasporto nel 41 con le insegna Finlandesi fino al 55.
Anche la RAF impiegò dei DC-2, si trattava di alcuni esemplari che L’USAAF dimise nel 1941.
Dopo il vigliacco attacco Giapponese di Pearl Harbor in America il DC-3 era l’unico aereo da trasporto presente in elevate quantità e appena possibile trovò impiego in tutti i fronti.
Nel 1942 iniziarono i trasferimenti per la RAF e l’Unione Sovietica e l’Australia.
Con il C-47 fu possibile addestrare e paracadutare numerose forze nonché trainare grossi alianti durante lo sbarco in Sicilia nel 1943, segui poi l’invasione della Birmania e il D-Day il 6 giugno 1944.
Come detto la RAF fece un gran uso del C-47 soprannominato Dakota, ne ebbe in dotazione circa 2000.
Assieme agli Americani anche gli Inglesi perfezionarono la tecnica di agganciare al volo i grossi alianti da trainare.
Il contributo alla vittoria durante la seconda Guerra Mondiale venne riconosciuto da tanti grandi fino al Generale Eisenhower.
L’ultimo grido di popolarità lo ebbe durante il grande ponte aereo di Berlino, per rifornire la città tedesca isolata dal mondo ad opera dell’ Unione Sovietica .
Fu comunque utilizzato ancora nelle guerre successive, in Corea come trasporto feriti e in Vietman come cannoniera volante armato con con tre minigun General Electric sul fianco sinistro.
Il Modello
Unico nella scala 1:48 il Monogram nonostante l’età si dimostra perfetto nelle forme. Di dimensioni notevoli, tanto da rendere problematico in un appartamento il suo stoccaggio, il modello si presenta in un altrettanto notevole scatola riportante il disegno di un C-47 in natural metal usato per il ponte aereo di Berlino.
All’interno troviamo 4 stampate nel classico colore argento, tipico della Monogram di altri tempi e una di trasparenti, anch’ essi rivelanti la vetusta età, dato il loro spessore. Il montaggio inizia come sempre e mai più tradizionale di un aereo di “linea” dagli interni.
Ho voluto effettuare il tutto da scatola usando solo piccole modifiche, gli interni sono pressoché perfetti, anche considerando che una volta chiusa la fusoliera il tutto è lasciato all’ immaginazione o qualche buona foto. Il pannello frontale presenta i quadranti in rilievo cosi come gli apparati di comunicazione posti dietro la cabina di pilotaggio. La colorazione è interamente in Interior Green Gunze con i quadranti neri, un leggero dry brush con smalti Humbrol ha messo in risalto i particolari, ai seggiolini dei piloti sono state aggiunte un accenno di cinture di sicurezza.
L’interno del vano di carico è anch’ esso in Interior Green.
Sul cielo non presente nel kit è stato creato l’alloggiamento del binario dove si allacciano i cavi dei paracadute delle forze aviotrasportate. Sul fondo del modello è presente la paratia che separa il vano di carico da un bagno completo di accessori. La chiusura della fusoliera non ha presentato problemi a parte aver eliminato alcune pennellature in positivo sul dorso a causa della carteggiatura. Discorso diverso per le ali che nonostante un grosso rinforzo all’interno della struttura primaria hanno richiesto lunghe ore di stuccatura senza carteggiatura, ma con la rimozione dello stucco superfluo con acetone e cotton fioc per impedire la cancellazione dei particolari sul bordo d’attacco e sulla fusoliera. Seguendo le istruzioni e aiutato da numerose foto ho eliminato il troncone di coda tipico di quegli aerei che avevano il compito di trainare gli alianti. I motori sono stati semplicemente assemblati e nonostante la loro età il dettaglio si è dimostrato notevole. i si sarebbe potuti spingere ad un maggior dettaglio, ma una buona colorazione ha fatto risaltare la buona qualità. I carrelli sono stati arricchiti dei collegamenti idraulici molto vistosi e le ruote hanno ricevuto un accenno di appesantimento. Per la loro colorazione è stato usato l’alluminio Tamiya con pesanti lavaggi ad olio e le ruote, considerando i vari fuori pista, una colorazione chiaro scura sui pneumatici. Un punto difficile è stato l’inserimento del grosso finestrino anteriore. Causa lo stampo un pò troppo grossolano sono dovuto ricorrere a notevole quantità di stucco per farlo combaciare alla sua sede. Il portellone principale tipicamente diviso in due è stato rimosso per metà, tipico delle missioni di paracadutismo. A questo punto sono passato alla colorazione, ho scelto di rappresentarlo durante l’operazione Market-Garden. L’aereo , il C-47 “Turf and Sport Special” in carico al 61° Stormo del 314th TCS, di stanza in Inghilterra presenta la tipica livrea USAAF con le superfici laterosuperiori in Oliver Drab e quelle lateroinferiori in neutral grey. Proprio qualche giorno fa ad un incontro con Angelo Falconi, noto modellista internazionale, parlando delle colorazioni americane durante il secondo conflitto mondiale abbiamo approfondito un concetto importantissimo sulle colorazioni proprio in Oliver Drab. Le parti di un aereo erano infatti assemblate e verniciate in punti diversi del paese e le stesse ditte produttrici di vernici essendo sparse per gli USA non riuscivano, per moltissimi motivi, a creare le tinte identiche, capitava quindi che lotti di aerei con la stessa colorazione risultassero diversi tra loro e addirittura che le parti degli aerei stessi fossero colorate in Oliver Drab ma con tonalità diverse. Mi sono affidato all’Oliver Drab 1 della Gunze schiarendolo e scurendolo a seconda delle zona dove è stato steso. Ho tenuto la tonalità più chiara sui piani di coda, timone e flap. Altro particolare importante è stato la colorazione con del nero opaco mescolato con del grigio molto scuro della corda alare a rappresentare il sistema antighiaccio pneumatico anche nei piani di coda e sul timone. Per le superfici inferiori ho usato il Gunze H53 schiarito con il bianco al 10%.
Essendo un aereo che ha partecipato allo sbarco in Normandia presenta le classiche bande bianche e nere conosciute come strisce d’invasione. Mi sono rifatto al testo di Falconi sulle colorazioni per calcolare esattamente la larghezza delle bande e mascherando le superfici partendo dalla base bianca ho aerografato le due nere. Da notare che essendo l’operazione Market Garden svoltasi a settembre e considerando la scarsa qualità delle vernici impiegate per contrassegnare gli aerei nel giugno prima le superfici superiori e latero superiori le ho rappresentate molto logore mentre le inferiori, protette maggiormente durante i voli, quasi perfette. Le pale delle eliche, che ho assottigliato maggiormente, sono in nero con i terminali in giallo.
Dopo l’asciugatura completa e una buona mano di vernice lucida Pebeo (la Future non l’avevo ancora in casa) ho iniziato a stendere le decals. Ho scelto quelle della Tally Ho C47 Dakota 48-007. Parlarne bene o parlarne male? Ne devo parlare bene dal lato che sono ben riprodotte con disegni a registro e colori ben riprodotti, oltre a questo si presentano con un ottima guida a colori e un aiuto sulla colorazione con tanto di riferimenti alle marche più conosciute. Ne devo parlare male, invece, per quel che riguarda la robustezza, le più grandi come la Q e il numero 9 sono andate letteralmente in briciole costringendomi a un paziente lavoro di ricostruzione. Spero che il difetto sia da imputare a un foglio vecchio e non alla vera natura della casa Cecha. Dopo un leggero post Shading con del verde molto scuro e un pesante lavaggio ad olio sulle parti inferiore a rappresentare le numerose filature d’olio, ho ricreato con una matita argento comunissima le numerosissime scalfitture presenti su tutto il modello. Una generosa mano di opaco e l’inserimento dei carrelli, antenne a filo, pale delle eliche hanno concluso il lavoro del modello. Normalmente la relazione di un modello aereo si ferma qui, ma questa volta ho voluto riprodurre un piccolo angolo di aeroporto proprio prima della partenza per la missione. L’idea mi è venuta guardando i figurini dei paracadutisti contenuti nella scatola. Oltre ai nove parà in tre posizioni diverse ho utilizzato il pilota e un meccanico in ginocchio tralasciando l’uso di un altro specialista che presentava un foro nello stomaco degno della riproduzione della classica scena del Film Alien. La base su cui appoggiare il modello risulta essere di dimensioni ciclopiche, misura infatti 50 x 60 e non volendo riprodurre tutto cemento o tutta erba ho optato per metà e metà. Ho steso una mano di stucco spray a simulare le grosse piastrelle di cemento e per la diagonale della superficie con diverse miscele di terriccio ed erba di diverse tonalità ho riprodotto il prato. Dopo diverse combinazioni sulla disposizione dei personaggi non ho avuto scelta, dovevo aggiungere qualcosa di diverso, mi è quindi venuto in mente un set di personaggi inglesi, tra cui piloti , specialisti e un bel cagnolino di pura razza inglese.Il tutto della ICM contenuto nel kit di uno Spitfire. Ho quindi deciso di iniziare un grosso lavoro di colorazione a 15 personaggi e un cane. Volendo riprodurli abbastanza bene senza fare dei piccoli Zombie ho optato per la colorazione ad olio memore di un passato scolastico/artistico. Devo dire che l’impresa mi ha portato via più tempo dell’assemblaggio del modello ma forse ne è valsa la pena. Le truppe americane sono state colorate in verde con lumeggiature in Cachi e lavaggi con varie tonalità di bruno e verde, i personaggi Inglesi con la classica divisa blu hanno trovato corrispondenze nei colori dalla foto fatta a Duxford da Massimo Cestaro ad alcuni piloti. Alla fine ne è uscito, per me abituato a fare in classico aereo e basta, un lavoro notevole sia in termini di ore che di risultato.